La SOSPENSIONE della Nona Sacra Rappresentazione di Ivrea, Quinta Edizione della Passione di Cristo, progetto a carattere storico, artistico e culturale ideato ed organizzato dall'Associazione Artistico Culturale "Il Diamante" con la Direzione Artistica di Davide Mindo ha spinto il nostro Amico nonchè Sacerdote di Riferimento Don Giueppe Sciavilla a scrivere una Lettera a tutti coloro che avrebbero preso parte alla manifestazione.... e che pubblichiamo di seguito...
Ivrea, 09 Aprile 2022
Carissimo Davide,
Carissimi Attori e Attrici tutti,
Ogni anno in questa serata il cuore è colmo di “sentimenti” contrastanti; è ricca di pathos religioso come poche altre; possiamo fare esperienza dei sentimenti di Cristo che si avvia verso la Croce e sale su di essa.
Ogni anno ci incontravamo a questo appuntamento di fede e insieme di folklore della “Sacra Rappresentazione della Passione di nostro Signore” che voi, carissimi attori e attrici dell’Associazione “Il Diamante”, con l’ottimo protagonista e regista Davide Mindo portate a presenza con grande maestria il Mistero della Croce e Morte di Gesù.
Questo Sacro Dramma - Teodrammatica, per usare un’espressione cara al grande teologo Von Balthasar - si concludeva con la Celebrazione Eucaristica in Cattedrale e in quella circostanza condividevo con voi una breve riflessione. Purtroppo, anche quest’anno la situazione pandemica non ci consente di rivederci in presenza; permettetemi perciò di lasciarvi un pensiero sul grande Mistero che da 2000 anni ci coinvolge e ci interpella.

Con la celebrazione della “Domenica delle Palme” tutta la Chiesa entra, come dicono i nostri fratelli dell’Oriente cristiano, nella Grande settimana detta anche Santa da noi occidentali, che rivive l’Evento che costituisce il Cuore di tutto il Mistero cristiano; “evento che si fa presente in ogni Eucarestia”. Facendo Memoria dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, della sua ultima cena, della sua Passione e Morte in Croce e della sua gloriosa Resurrezione noi celebriamo la nostra nascita come cristiani. Con la particolare celebrazione di questa domenica, che già si anticipa in questa serata, siamo sollecitati ancora una volta a metterci al seguito di Cristo, non più al modo degli scorsi anni - in cui salivamo seguendo la Croce per arrivare alla Cattedrale - ma lo facciamo con il cuore, per riprendere il nostro cammino battesimale, riaffermare e rinvigorire la fede in chi è tiepido, intraprendere un cammino di conversione e di riconciliazione: per diventar altro e travasare l’amore di Cristo nei fratelli, assumendo la “vita nuova” che lo Spirito ha posto in noi.

Nella “Sacra Rappresentazione” non si tratta tanto di rappresentare un fatto narrato dal Vangelo: non è una rievocazione storica; si tratta piuttosto di rinnovare la nostra disponibilità ad accogliere nell’Oggi della Storia l’inviato di Dio, colui che viene nel nome del Signore per condurci attraverso il Mistero della Croce oltre l’aspro deserto di questo nostro esodo terreno. Stiamo vivendo in Europa una dimensione di deserto e di tenebra accentuata anche da questa guerra in Ucraina; nel nostro continente europeo, un “pensiero unico” si è instaurato ormai da decenni e regna sovrano, esercitando il dominio sulla società, denunciato dal Santo Padre Francesco: “Oggi se tu non pensi così (secondo le logiche e i dettami di questo pensiero) non sei moderno, non sei aperto. Anche oggi c’è la dittatura de pensiero unico che nel XX secolo ha finito per uccidere tanta gente”. E’ il “pensiero unico” già delineato con chiarezza all’inizio del’900, dallo scrittore inglese Robert H. Benson, nel romanzo Il padrone del mondo (1907), quasi una profezia sullo “spirito della mondanità” che ci porta all’apostasia.
Il Giusto Sofferente
Fatta questa premessa andiamo al cuore della nostra riflessione, la difficoltà di commentare il Vangelo della Passione viene soprattutto dalla ricchezza dei temi teologici, etici, storici, che questo grande Racconto contiene.
Ci limiteremo a sottolineare qualche aspetto caratteristico della presentazione del Passio, quest’anno secondo l’evangelista Luca, il quale insiste con particolare vigore nel proclamare l’innocenza di Gesù. Lo afferma per tre volte Pilato; lo riconosce Erode; lo proclama il buon ladrone e infine, dopo la morte, il centurione pagano. Questa grande insistenza di Luca nell’attestare l’innocenza di Gesù, sembra secondo i biblisti, che l’evangelista volesse raccomandare la legittimazione del Cristianesimo. Il “fondatore” del Cristianesimo non è un ribelle alle autorità romane, come le stesse autorità avevano riconosciuto. E’ vero che Gesù è il solo “Salvatore”, ma si tratta di una salvezza spirituale e non politica: non si scontra, almeno direttamente, con le pretese dell’ideologia imperiale. Eppure, al di là di questo scopo, non c’è dubbio che Luca voglia presentare Gesù come l’innocente, il martire per antonomasia, il giusto sofferente che ha combattuto contro le forze di satana e del male mantenendo un atteggiamento di giustizia e di amore. Facendo così, Gesù si presenta come modello di sopportazione per tutti gli innocenti, vittime di ideologie totalitarie e violenze. Questa innocenza di Gesù viene manifestata attraverso un segno eloquente di Salvezza: la Croce. Dal costato di Gesù sulla Croce è scaturita la salvezza: è nata la Chiesa con i suoi Sacramenti. Nella storia dell’Occidente, la Croce è divenuta simbolo dell’identità cristiana. La Croce è dunque un simbolo eloquente che parla di amore e di male, di luce e di tenebre, di vita e di morte, di perdizione e di red

enzione, di orrore e di bellezza. Di Resurrezione. Solo a partire dal XIII secolo, si svilupperà l’iconografia del Christus patiens, in cui Cristo è presentato come “uomo dei dolori”, in stretta relazione al Servo sofferente di Isaia. La Crocifissione, rappresentata nella sua atrocità, sarà poi riscoperta nel XX secolo, interpretando la vita di quell’uomo a partire da una nuova visione del mondo e dell’uomo, dai drammi della storia. Difatti, secondo lo studioso gesuita P. Andrea Dall’Asta, che già nel III secolo d.C. a Roma (al Rione Palatino), vi è una prima rappresentazione di un immagine che raffigura il Christus patiens. E’ chiaro il segno della Croce con sopra uno schiavo punito: il Giusto sofferente.
Questa morte in Croce sarà “messa in scena”, di volta in volta secondo le prospettive evangeliche e teologiche, ma anche “messa in scena” nel dramma della finzione, che da secoli giunge fino a noi in una ricerca di senso, che continua.
Venite dietro a me
In Luca la Croce, la sofferenza implica la sequela. Difatti, la comunità cristiana si raduna ogni Domenica per celebrare intorno all’Altare il Sacrificio della Croce. Già nel Getsemani, questa dimensione della preghiera e della sequela è evidenziata da san Luca. Il racconto dell’agonia, infatti, è incorniciato da un’esortazione ripetuta due volte: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Non è un caso che Luca addolcisca la solitudine di Gesù nella Passione attraverso la comunione e la sequela da parte degli apostoli. In Marco tutti i discepoli abbandonano il loro Maestro, che deve affrontare la lotta decisiva da solo. In Luca no; l’episodio dell’abbandono dei discepoli non è narrato e vediamo anzi Gesù accompagnato da altri nel cammino verso la Croce. Sono con Lui gli apostoli, lo segue Simone di Cirene che porta la Croce “dietro a Gesù”; lo segue una moltitudine di gente che si batte il petto e partecipa quindi alla Passione con un atteggiamento di dolore e di compunzione. Tutti questi personaggi sono l’avanguardia della Chiesa che è chiamata proprio a seguire, imitare il Signore nel cammino della Croce. Anche il silenzio di Gesù davanti a Erode manifesta in Gesù il Servo di Dio, il Giusto che condotto al supplizio, tace davanti ai suoi persecutori.
Il Martire fedele e verace
Nella stessa linea vanno interpretate le parole e i gesti di Gesù sulla Croce.
Anzitutto il perdono. “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. E Luca avrà modo di descrivere anche l’efficacia di questo atteggiamento di Gesù quando presenterà il martirio di Stefano. Imparando perfettamente dal suo Divin Maestro, Stefano pregherà per i suoi persecutori e giustificherà la loro colpa (At 7,60).
La bontà. La vediamo rivolta al buon ladrone: “Oggi stesso sarai con me nel paradiso”. Questa parola preziosa, indica, anzitutto, il “potere” di Gesù. Sulla Croce, nel momento della massima debolezza, quando il diavolo ritorna al “tempo fissato”, attraverso i personaggi dei capi e dei soldati che lo scherniscono, anche in quel momento Gesù possiede un potere regale: apre a un malfattore l’ingresso nel Regno di Dio! Si noti questo avverbio: “Oggi”: non solo la Croce verrà superata con la Resurrezione, ma essa è già, fin d’ora, un luogo nel quale si fa esperienza della Salvezza, della Vita Nuova, della “Nuova Speranza”.
Infine l’ultima preghiera di Gesù in Croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Al traguardo della sua vita Gesù si affida al Padre con assoluta fiducia. Questo implica un rapporto profondo d’intimità con il Padre. Con quel grido di Gesù si percepisce che il Padre accoglie la vita del Figlio ma nello stesso tempo trasmette al Figlio la Vita Nuova che poi vedremo nel Giorno della Resurrezione. Lì sulla Croce la Resurrezione viene anticipata dal grido e dal Costato squarciato di Gesù.
Colleghiamo questo atteggiamento di umiltà e di affidamento di Gesù al Padre con il messaggio della II lettura tratta dalla Lettera ai Filippesi di san Paolo. L’abbassamento di Cristo non ha avuto limiti: dalla natura divina alla condizione di servo obbediente “fino alla morte e alla morte di Croce”. Ma questo destino, come abbiamo detto, non è bloccato nella morte: Dio ha sovraesaltato Gesù, proclamandolo Signore davanti al mondo, lo ha posto come “Immagine” perfetta della sua santità.
D’ora in poi chi voglia trovare nel mondo un segno autentico che lo rimandi a Dio non lo dovrà cercare nella ricchezza e forza o in una forma di potere politico, economico, culturale (oggi si parla tanto di influenze culturali che sembrano dominare la scena mediatica), ma lo dovrà cercare nella Croce di Cristo, dove ogni potere viene meno e si manifesta solo la forza invincibile dell’Amore.
In una “società liquida” - come la nostra definita dal sociologo polacco Bauman - e frammentata, dove l’uomo di oggi non riesce più a fare sintesi nella sua vita, respiriamo una cultura “che appare sempre più quella del relativo e dell’effimero”, come affermava Benedetto XVI, in cui si è instaurata una “cultura dell’immagine” che spesso mostra solo la forza evocativa del potere e del surreale, invece l’immagine realistica che scaturisce dal Mistero della Croce è una forza dolce e tenera dell’Amore di Gesù. Quello stesso Amore testimoniato dalla vita di tanti Santi nella Divina Liturgia, nella Parola e nella Carità, i quali hanno cercato il Volto di Cristo e in esso hanno trovato l’essenziale e il cuore della vita.
Questo Volto parla ancora oggi non solo ai “vicini” ma anche ai “lontani” del Mistero ineffabile a cui il cuore dell’uomo è orientato, e continua a indicare la sua Presenza nel mondo e nella storia.
Carissimi, questo sperimentiamo nel Mistero che da 2000 anni ci coinvolge e ci interpella. Da questa Kenosis di Dio scaturisca la nostra Marturia, quella Testimonianza cristiana che è la Resurrezione di Gesù, fonte della nostra Speranza.
Di gran cuore Vi benedico! Don Giuseppe
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